Quando ho cominciato a studiare la connessione fra casa a psiche – e in particolare il modo in cui le persone allestiscono e occupano il proprio spazio domestico – mi sono imbattuta nelle ricerche del professor Marco Costa, docente e responsabile del Laboratorio di Psicologia Ambientale all’Università di Bologna. Costa ha scritto un saggio di Psicologia ambientale e architettonica (Franco Angeli, 2009), che illustra perfettamente come (e quanto) ambiente e architettura incidano nella costruzione della nostra identità, arrivando a condizionare in modo significativo pensieri ed emozioni.
Oggi vorrei riflettere insieme sul concetto di spazio personale attraverso gli spunti offerti dalle ricerche di Costa. In che cosa consiste lo spazio personale? Come si definisce e a che cosa serve? Ogni volta che qualcuno ci si avvicina in modo eccessivo, a meno che non sia una persona con cui abbiamo un certo grado di intimità e confidenza, si registra in noi un’attivazione fisiologica importante e una sensazione di disagio psicologico. Una vicinanza prolungata è impegnativa da molti punti di vista: provoca una iperstimolazione cognitiva, sensoriale ed emotiva… minore è la distanza fra due individui, maggiore è il numero di dettagli sensoriali e cognitivi che la mente si trova a elaborare a livello consapevole e inconsapevole, scrive Costa. E crea ansia. Esempio banale, ma chiaro, e sicuramente provato da molti fra noi: i secondi/minuti che si passano in ascensore a stretto contatto con estranei vengono percepiti come un tempo lunghissimo. Si guarda ovunque, ma raramente il viso della persona che condivide lo spazio ristretto della cabina: si studiano attentamente i particolari della tastiera, i numeri telefonici dei servizi di assistenza dell’ascensore, i dettagli del pavimento, delle porte scorrevoli. L’olfatto è particolarmente attivato e si è spinti a parlare a bassa voce…
Costa sostiene che:
Psicologicamente noi non terminiamo con la nostra pelle… al di là del corpo è come se avessimo una “bolla” attorno a noi in cui la nostra influenza psicologica si espande e influenza gli altri… tale bolla non rimane sempre delle stesse dimensioni ma varia in base alle circostanze.
E porta l’esempio della “bolla” di rappresentanti delle forze dell’ordine (carabinieri o poliziotti) che cambia enormemente a seconda della presenza o meno della divisa. Quando uno di essi è in divisa cambia il comportamento delle persone circostanti anche ad ampia distanza (le persone sono meno inclini ad avvicinarsi); senza la divisa la bolla si riduce.
Lo spazio personale si può considerare un meccanismo di regolazione dei limiti interpersonali…
E si attiva ovunque: in casa, camminando per strada, viaggiando in auto, sul lavoro, al cinema… Naturalmente ciascuno di noi definisce lo spazio personale in base alle proprie necessità interiori e alla qualità delle proprie relazioni. E molte sono le variabili (individuali, culturali e ambientali) che ci differenziano nella definizione di tali spazi nella mente: uomini e donne, bambini e adulti, hanno reazioni diverse nelle interazioni con l’ambiente e con le altre persone. Ci sono caratteristiche tipiche per genere ed età, oltre che per cultura: gli uomini mantengono fra loro maggiori distanze rispetto alle donne, bambini e adolescenti hanno esigenze differenti fra loro rispetto alla definizione del proprio spazio personale, e provocano reazioni diverse quando invadono gli spazi altrui… dai bambini raramente ci sentiamo minacciati se si avvicinano troppo. E poi, naturalmente, ci sono i singoli casi che non rientrano in categorie predeterminate.
Perché è importante capire i meccanismi di attivazione delle bolle nostre e altrui? E’ una questione di rispetto verso se stessi e gli altri: le relazioni con i nostri simili sono dispendiose, secondo le conclusioni di Costa, e lo sono dal punto di vista energetico e psicologico. Imparare a gestire il proprio spazio personale, con maggiore consapevolezza, può avere notevoli ripercussioni sulla qualità della vita: nella giusta distanza (emotiva e materiale) migliorano le relazioni familiari e i contatti con amici/conoscenti/colleghi, si rende più efficace la comunicazione e il dialogo con i nostri simili, si difende il proprio territorio fisico e interiore da interferenze e ingerenze non richieste. E si risparmia tantissima energia creativa.
Portiamo ora il discorso della necessità di uno spazio personale adeguato all’interno delle nostre mura domestiche. Quando condividiamo lo spazio in casa con altri membri della famiglia è importante comprendere le esigenze di territorialità di ogni convivente, in modo che ciascuno si senta rispettato nelle proprie necessità e allo stesso tempo porti lo stesso riguardo a quelle altrui. La creazione di piccoli o grandi spazi fisici dedicati, nei quali ciascuno si senta libero di esprimersi come desidera, è portatrice di grandi benefici ai nuclei familiari. Dove non sia possibile (per mancanza di spazio o assenza di muri divisori) dedicare intere stanze a ciascuno dei componenti, è comunque consigliabile dividere fra essi aree di relax, contenitori e armadi per creare “isole territoriali di pertinenza” di cui essere gli unici proprietari e di cui disporre come si crede. Grande sfida, nelle famiglie con più componenti, per chi si incarica del riordino quotidiano… soprattutto in presenza di bambini, adolescenti e partner che hanno una percezione diversa del concetto di ordine.
Nella progettazione e nell’allestimento delle abitazioni è fondamentale rendersi conto delle necessità reali (presenti e future) di chi ci andrà a vivere: la moda dei loft e degli open space – il cui utilizzo in ambito misto professionale/domestico si è rivelato molto interessante – ha invaso anche il nostro orizzonte culturale più tradizionale, ma ha posto problemi proprio nella definizione e nel rispetto degli spazi personali. Anche nel nucleo familiare più affiatato composto da partners, figli (o amici, nel caso di convivenza per studio), la prossimità continua senza alcuna possibilità di isolarsi “fisicamente ed energeticamente” – anche solo per un numero ridotto di ore – può causare difficoltà e disagio nel lungo periodo.
Ciascuno di noi ha bisogno e diritto di trovare momenti di ascolto di sé, accudimento e solitudine, in cui escludere dalla propria “bolla” tutto ciò che è fuori. Gli open space sono modalità abitative eccezionali per il respiro che offrono alla sguardo, per la facilità e flessibilità con cui si dispongono in essi gli arredi, ma sono forse più adatte per nuclei familiari ridotti (coppie molto affiatate), per situazioni temporanee (la seconda casa, lo studio/ufficio…) o per persone che vivono sole. Prestare attenzione alla nostra soglia di tolleranza stimolata dalla presenza altrui, e imparare a prendercene cura, ci porta a definire e a comunicare in modo più efficace anche le nostre preferenze abitative, a tutte le età. Persino negli spazi più ampi è possibile ricavare angoli, nicchie e rifugi capaci di accoglierci nei nostri momenti quotidiani di ritiro e raccoglimento.
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Alba