Ci impegniamo in tanti modi diversi per trovare la nostra strada, nella professione come nella vita: scuole, letture, counseling, corsi di ogni genere e lungo il cammino procediamo per tentativi ed errori, un passo avanti e due indietro, quasi a prendere la rincorsa. A volte andiamo in confusione nelle rotatorie importanti, come se il nostro navigatore interiore perdesse l’orientamento. In quel caso ci vuole un po’ di tempo, e una certa fatica, per tornare sulla via che intuiamo essere più giusta per noi.
Poi un giorno per caso troviamo in soffitta i nostri vecchi giochi e i quaderni delle elementari, cominciamo a sfogliarli con una gran tenerezza nel cuore e… rimaniamo semplicemente a bocca aperta. La mappa per la via più diretta era lì, chiara e semplice come solo un bambino può rappresentarla.
Appena presa dimestichezza con la scrittura e il disegno, e molto prima di essere condizionati dalle pressioni esterne (sociali e familiari), più o meno dai 6 ai 9 anni lasciamo alcune tracce nei disegni e nei temi liberi che indicano in modo inequivocabile le strade sulle quali saremmo più felici di transitare, più creativi e fieri di noi stessi. Lungo il corso della vita, a meno che non ci siano forti impedimenti di tipo materiale, fisico o psicologico, prima o poi la nostra meta/talento ci appare, anzi a volte se tentenniamo troppo è lei a venirci incontro come a dire: è arrivato il momento, perchè aspettare ancora? Un’amica che ti spinge a fare con insistenza un passo in più verso il tuo sogno, un libro ispirante, un film o un viaggio che aprono la mente a possibilità prima ignorate o sottovalutate… Come se vivessero di vita propria, e in effetti io credo proprio che sia così, i nostri sogni più autentici per essere trasformati in realtà utilizzano tante strategie diverse: incontri casuali con cose o persone, visioni notturne, insight diurni e intuizioni improvvise. Se solo prendessimo l’impegno di dar loro il giusto spazio nella nostra routine quotidiana, si incaricherebbero di indicarci in un baleno il percorso più agevole.
Torniamo ancora per un momento ai quaderni delle elementari e ai disegni che corredavano i nostri “pensieri” in libertà, in cerca delle tracce giuste. Di sicuro non le troveremo nei temi composti per le feste della mamma, del papà, dei nonni/fratelli/sorelle, dove per niente al mondo avremmo parlato meno che meravigliosamente di noi stessi e delle relazioni con i nostri cari. E certamente le indicazioni giuste non le troveremo neanche nei temi dedicati a: cosa farò da grande? Il periodo dell’attrazione incontenibile per pompieri/calciatori/astronauti/piloti o ballerine/attrici/cantanti/atlete non può essere preso come indicatore alla lettera, se non in rari casi. E’ lo scotto inevitabile dell’esposizione massiccia ai media e del fascino esercitato dalle celebrità su ragazzi e bambini.
Le tracce che dovremmo cercare, più legate a interiorità e talenti naturali ancora da scoprire ma già in gestazione, non hanno nulla a che vedere con mestieri e personaggi presi a modello dall’esterno. Come indizi sono preziosi quei giochi, disegni e temi liberi che ci sorprendono, che non ci saremmo mai aspettati di riscoprire tanto risultano indipendenti dalle mode, dalle scelte dei compagni di scuola o dalle aspettative e influenze dei genitori.
I miei giochi d’infanzia e i quaderni delle elementari sono riapparsi per caso alcuni anni fa in occasione di un trasloco; e con grande sorpresa, dopo averli riguardati e sfogliati a lungo, ho realizzato che già allora non pensavo ad altro che a giornali, cuori e case. Praticamente al lavoro che svolgo da alcuni anni dopo aver percorso molte altre strade, non sempre dritte e scorrevoli. Non avevo doti particolari nel disegno ma ero affascinata dalle case: non solo quelle tipiche con il comignolo fumante, il tetto, le antenne e le tende alle finestre… mi piaceva disegnare gli interni, con un’attenzione ai dettagli che faceva troppo ridere pensando a quei tempi. A sei anni ho disegnato la cucina che avrei avuto non appena mi fossi sposata (così recitava la didascalia), ho riprodotto le case di tutti i parenti e altre le ho inventate. Della mia bambola preferita, Susanna, ricordo che amavo molto di più i mobili in cartone dipinto che non i vestiti alla moda che ordinava mia madre dal catalogo per i miei compleanni. Ho ritrovato anche disegni fantasiosi su riviste da me dirette, con tanto di editoriali, articoli e immagini accanto ai testi (una prefigurazione del blog?). E appena qualche anno più tardi, forse con il primo innamoramento, i cuori sono apparsi ovunque in libri, disegni e quaderni: di tutte le misure e i colori, disposti esattamente come nei mosaici di carta che avrei cominciato a comporre 40 anni dopo.
Forse è proprio da questa esperienza diretta, oltre che dagli studi sulla psicologia dei processi creativi compiuti negli anni, che ho compreso quanto sia importante porre un’attenzione discreta e premurosa a chi in famiglia è in quell’età in cui tutto sembra possibile e nulla fa pensare il contrario. Lasciando che il gioco e il disegno libero siano veramente liberi, minimizzando le nostre ingerenze e le proiezioni, aiutiamo i bambini a rimanere in contatto con la loro mappa personale. E per quanto riguarda noi adulti, quando ci troviamo in un momento di confusione sulla direzione da prendere fermiamoci un momento, andiamo in soffitta o in cantina a recuperare vecchi giochi e quaderni e osserviamoli attentamente. Forse hanno ancora qualcosa da dirci. Nel caso fossero stati buttati nel corso degli anni, nessun problema: oggi ci sono numerose tecniche per viaggiare nel tempo con la mente e con il cuore, per tornare a quei momenti dell’infanzia in cui il cammino era chiarissimo. Da lì sarà forse più facile sciogliere i dubbi e ripartire con rinnovato entusiasmo verso quei sogni che, molto pazienti, da allora… ci attendono.
A mia madre con tutto il cuore, per la cura con cui ha conservato le mie mappe per sempre.
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Alba
Alba ! 💜 Commovente!
Grazie, Elena!