Cercando un titolo per l’insieme di attività (corsi, articoli e dirette) che sto progettando per i mesi a venire, mi sono imbattuta nella parola ri-creazione ed è stato amore a prima vista. Anzitutto mi ricorda momenti molto piacevoli dell’infanzia e dell’adolescenza, quando il suono della campanella di metà mattina a scuola indicava l’arrivo imminente di una pausa, prometteva un po’ di giochi e risate. E anche tante corse nell’aula vicina per vedere qualcuno di molto importante, con il cuore a mille. Sono secoli che alla parola ricreazione sono associati momenti di ristoro e svago.

Poi nel tempo il termine si è arricchito di nuovi significati legati ai concetti di seconda chance, nuove opportunità, ulteriori possibilità di fare, pensare, dire o sentire qualcosa in modo nuovo e diverso. A livello psicologico, questa possibilità di rimediare o di cambiare cose, situazioni o relazioni – che per qualche motivo non funzionano come vorremmo – produce un grande senso di leggerezza rispetto alla “gravità” percepita quando dobbiamo fare scelte importanti o prendere strade impegnative. Con il timore paralizzante di non poter invertire la rotta e tornare sui nostri passi.
Il momento che stiamo vivendo, speriamo unico nelle nostre vite e di estrema difficoltà, si presta perfettamente per mettere in campo nelle nostre giornate un piano ben definito di ri-creazione, intesa qui nella sua doppia veste di pausa fra una attività e l’altra e momento di riflessione/raccoglimento da dedicare ad un qualsiasi progetto che riguardi il nostro cammino personale o professionale.
E qui entra in campo il FATTORE R.
La lettera R ha un bel caratterino: tantissime parole che iniziano così hanno a che fare con il movimento, l’energia, la potenza, la forza (non sempre ben equilibrata), o rimandano a un qualche livello ad un atto di “reazione”. Penso a ruota, rivoluzione, resistenza, rabbia, ruggito, respiro, rombo, rimpianto, rimorso… per citarne solo alcune. Il suono stesso della lettera rimanda a questo tipo di energia in movimento. E anche quasi tutti i verbi che iniziano con la R o con il suffisso RI o RE presuppongono un moto ricreativo, un rifare qualcosa: riparare, rientrare, ricentrarsi, riscrivere, rileggere, ridefinire, restaurare, riportare alla luce, rinvigorire, rallentare, rivivere, ravvivare, rinascere…
Tutte queste attività ci riportano al concetto iniziale di ri-creazione, perché ogni volta che ne mettiamo in campo una, di fatto, stiamo dando una nuova veste o una nuova vita a cose, relazioni, sentimenti, pensieri. Stiamo ri-creando qualcosa nel nostro angolo di mondo a livello materiale o mentale, fisico o spirituale. Fra tutte queste parole nominate poco sopra vorrei oggi soffermarmi su di una in particolare, sul RICENTRARSI.

La parola centro è molto interessante. Nasce dal greco kentron e originariamente indicava il punteruolo del compasso che si pianta su una qualsiasi superficie per tracciare una circonferenza; dopodiché per estensione è divenuto il punto che si trova ad una distanza equidistante da qualsiasi altro punto della circonferenza stessa, oltre che essere all’intersezione di tutti i diametri possibili dentro al cerchio. E’ una metafora adattissima ai nostri temi, ci porta a riflettere su quanto sia importante prendere una distanza equilibrata da tutto ciò che sta all’interno e fuori dallo spazio che abbiamo creato con le nostre scelte di vita.
Quante volte ci siamo detti sono fuori centro, ho perso la mia centratura, devo ricentrare i miei obiettivi, i miei propositi… Ecco allora che, prima ancora di pensare di ri-creare qualcosa che non ci soddisfa pienamente, sarebbe molto più efficace, per l’intero processo di cambiamento, prenderci del tempo per tornare al centro. Per vedere le cose da un punto più in equilibrio rispetto a ciò che si trova ai margini estremi, per avere una prospettiva più ampia e a largo raggio di come abbiamo costruito lo spazio all’interno del nostro cerchio/spazio di vita. Di che cosa lo abbiamo riempito? Con quali proporzioni fra attività di azione e contemplazione, fra fare e essere, fra lavoro e riposo, silenzio e suono, pieno e vuoto?
Recuperare il nostro centro, prima di ogni altro passo, ci permetterà di entrare più facilmente in contatto con la parte profonda del nostro spirito creativo; ci permetterà di isolarci quel tanto che basta dai rumori di fondo (stimoli dall’esterno, inviti al consumo, contagi emotivi di vario genere…) per recuperare la visione, il sentire autentico, la sensazione di sapere già che cosa è “giusto” per noi, che cosa può dirigerci meglio sulla strada della nostra realizzazione personale o professionale.
Costruirsi un tempo e uno spazio di raccoglimento per ricentrarsi prima di creare o ricreare qualcosa, è non solo possibile ma più semplice di quanto si possa immaginare; anche in una situazione delicata come quella che stiamo vivendo collettivamente oggi. Anzi, sembra necessario farlo proprio per poterla vivere con maggiori risorse interiori a disposizione.
Per chi volesse approfondire il tema delle strategie utili per costruirsi un proprio spazio/tempo dedicato alla ricreazione e allo stato di flusso creativo… ecco una serie di articoli che riguardano l’argomento di oggi:
lo spazio personale
sognare ad arte (il sogno creativo)
il vuoto creativo
la creatività è un dono
ore preziose (il tempo nello stato di flusso)

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Buona lettura e buona ri-creazione
Alba
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Bellissimo come sempre, ho condiviso in FB 🙂 Bacioabbraccio
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Grazie di cuore, Laura carissima 💙