La casa dei desideri può essere vissuta come un’officina nella quale si progettano e si costruiscono i sogni. Una specie di laboratorio delle idee che permette ai pensieri di uscire, organizzarsi, assemblarsi o disperdersi a seconda delle necessità. Ancora meglio, possiamo pensare alla casa come a una fornace che trasforma la materia prima di sogni, riflessioni e intuizioni in progetti, passi concreti e azioni. Che ce ne accorgiamo o meno, è certo che le nostre case sono il luogo in cui si esprime più spontaneamente e liberamente quella danza senza sosta fra desideri e realizzazioni che colora e definisce le nostre vite.
La casa è allo stesso tempo specchio e spugna dei nostri sentimenti, delle nostre aspettative e dei nostri pensieri: li rende espliciti, evidenti per chi sa coglierli, in tanti modi diversi. Nelle forme e negli accostamenti cromatici scelti, nei materiali che privilegiamo rispetto ad altri, nella disposizione degli arredi e nella proporzione fra pieni e vuoti, per dirne alcuni. Anche gli oggetti, preziosi o meno, che decidiamo di esporre o nascondere parlano di noi e delle nostre priorità di vita, di scelte e convinzioni.
Non ce ne rendiamo conto, ma tutto ciò che rimane alla vista per anni nelle nostre stanze (fotografie, ricordi di viaggio, regali di nozze, libri e riviste, oggetti d’arte o piccole cose del quotidiano) produce un dialogo continuo con la parte più nascosta della nostra coscienza.

Una foto esposta non è mai neutra: sotto il livello di consapevolezza crea – anche solo per la durata dello sguardo – un sentimento particolare, una certa emozione, positiva o meno a seconda dello stato d’animo in cui è stata scattata.
Nulla è neutro.
Ogni singolo oggetto presente in casa (ricevuto in dono, comprato o creato), ha dentro una storia che parla di noi. Diventa il simbolo di un evento o di una relazione, il catalizzatore di un sogno, l’espressione di un desiderio. Come le cose esprimono i pensieri – di chi le ha create, diffuse, comprate o solo usate – così i pensieri diventano cose. E anche case.
Se penso che la vita sia dura, pericolosa, una continua battaglia per trovare sicurezza e riparo, la mia casa si strutturerà attorno a questa idea: poche aperture verso l’esterno, molte inferriate e recinzioni (fisiche o anche solo psicologiche), strategie inconsapevoli di separazione e allontanamento da tutto ciò che è là fuori.
Il modo in cui custodirò i miei beni materiali e immateriali all’interno – in armadi, contenitori e stanze – sarà un’eco dell’intensità dei miei limiti o della mia libertà interiore; la disposizione degli spazi più “pubblici” della casa (ingresso, salotto, sala da pranzo) saranno indicativi del modo in cui mi relaziono agli estranei. L’esposizione alla vista di certi oggetti, rispetto ad altri, riveleranno molto di più della mia natura di quanto possa fare la più accurata e sincera delle conversazioni. Si diceva poco sopra che in casa nessuna presenza è neutra, inerte, per la qualità dei nostri pensieri: perfino una cartolina lasciata per settimane sul mobile dell’ingresso può attivare pensieri fugaci ma ricorrenti che giorno dopo giorno vanno a rinforzare credenze interiori di cui forse nemmeno siamo consapevoli.
Gli studi condotti dalla psicologia della percezione chiariscono piuttosto bene questo passaggio: tutto ciò che si pone quotidianamente davanti al nostro sguardo e a tutti gli altri nostri sensi, ci “obbliga” a pensare, a catalogare l’informazione ricevuta e a darle un significato; e poi ad archiviarla o cestinarla a seconda delle necessità, con inevitabili influenze sul nostro stato fisico ed emotivo. Detto così il processo del vivere quotidiano può apparire molto complesso, se pensiamo ai milioni di immagini, parole, suoni, odori… che ci bersagliano costantemente in una giornata; in realtà il percepire e il pensare conseguente avviene in modo molto veloce e naturale, con continui scambi di direzione, per cui la percezione stessa viene enormemente condizionata dalla qualità dei nostri pensieri, dalle nostre esperienze/conoscenze pregresse. Il renderci conto di come funzionano questi processi apre le porte a diversi scenari: prima di tutto si può cominciare a comprendere meglio il dialogo sotterraneo che avviene fra noi e ciò che ci circonda, in casa come altrove. Da questo, a cascata, può derivare un atteggiamento diverso anche nei confronti di piccoli gesti e rituali quotidiani che di solito liquidiamo frettolosamente e senza troppa attenzione.
La casa dei desideri è una casa che “organizza” consapevolmente non solo oggetti, ma anche il tempo e lo spazio dedicati alla costruzione dei nostri sogni e alla loro trasformazione in realtà; è una casa nella quale tutto – dall’estetica alla funzionalità – concorre a guidarci, sostenerci e ispirarci nel nostro cammino e nei nostri progetti di vita. Ricordi percepiti come ingombranti a causa del peso prodotto in un passato recente o remoto (foto, quadri, mobili e soprammobili, documenti…) vengono ridotti al minimo se non definitivamente lasciati andare. Possono venire oscurati alla vista, sistemati in cantina o in solai, dove ancora ne esistano; possono essere buttati, venduti, regalati, barattati… sapendo che l’esito di queste operazioni sarà molto diverso se il tutto avviene dopo averne compreso il messaggio, nascosto o evidente.
Nella casa dei desideri l’atmosfera è delicata e forte allo stesso tempo, è originale ed essenziale, vi si respira lo spirito creativo di chi la abita, la libertà da modi e mode. E’ una casa che favorisce sia l’azione che la contemplazione e ordina sistematicamente gli spazi per l’una e per l’altra, ben sapendo quanto siano necessarie entrambe.