Il tema su cui vorrei riflettere qui oggi nasce da studi e ricerche che ho condotto negli ultimi venti anni. Per chi non mi conosce due parole sul percorso che mi ha portata a occuparmi di questo argomento così complesso e affascinante: la creatività, il pensiero creativo, quel tipo di approccio alla vita capace di renderla più piena, gratificante e appassionata.
Lavoro nel campo dell’arte, della didattica museale ed educazione degli adulti, dagli anni ’90 e nel mio percorso di formazione ho esplorato diversi ambiti disciplinari (la storia antica e l’archeologia, la didattica dell’arte e la psicologia della comunicazione). Studiando il modo migliore per insegnare alle persone, grandi e piccole, a comprendere il messaggio degli artisti e delle opere, mi sono imbattuta nel bellissimo tema del pensiero e dell’azione creativa. E’ stato amore a prima vista. Volevo portare le persone a scoprire che cosa c’era dietro l’espressione finale di un manufatto artistico, volevo trovare le parole giuste per far loro intravedere tutto il processo creativo che stava dietro a un dipinto, un mosaico, un vaso… Ho cominciato ad analizzare il tema della creatività da diverse angolazioni, da un punto di vista culturale e antropologico, da quello psicologico e psicoanalitico a quello sociologico. Volevo capire il tema sia nella sua dimensione privata, individuale, sia nelle sue espressioni collettive e per lungo tempo ho fatto diventare questo argomento il nucleo delle mie proposte educative.
Dunque, che cosa è la creatività? Per introdurre l’argomento vorrei fare ricorso a due vicende cinematografiche. La vita è bella e L’attimo fuggente. Due film memorabili, storie che arricchiscono il cuore e la mente, due declinazioni importanti dell’amore: l’amore per un figlio che porta il protagonista a inscenare una gara surreale pur di risparmiargli o stemperare gli orrori del campo di concentramento e l’amore del prof. Keating per i propri allievi, che imparano grazie a un approccio educativo originale e appassionato a pensare con la loro mente e a iniziare più consapevolmente il proprio cammino nella vita. Sono invenzioni cinematografiche, modi diversi di pensare e agire la propria realtà. Due storie diverse con un unico comune denominatore: un approccio particolare alla vita, creativo e originale, appassionante.
La creatività è anche questo: la capacità di trovare soluzioni a problemi apparentemente insormontabili, la capacità di osare, di cambiare prospettiva e andare oltre le convenzioni, di cambiare le carte in tavola e di mettersi in gioco, di guardare con occhi nuovi le stesse cose di prima. Faremo tanti esempi per capire meglio che cosa è la creatività e quali applicazioni pratiche può trovare nelle esperienze quotidiane.
Tanti (e opposti) luoghi comuni colorano il tema complesso della creatività. C’è chi confina il concetto stesso di creatività al dominio esclusivo di artisti, artigiani, designer, scienziati o intellettuali; c’è chi pensa alla creatività come a un talento o un dono destinato a pochi eletti, chi la ritiene una dotazione genetica che si ha o non si ha, una questione di DNA o di fortuna… In realtà la creatività è tutto fuorché questo e tanto meno è appannaggio esclusivo del mondo dell’arte, della scienza, della pubblicità o della comunicazione.
Sul versante opposto abbiamo tutta un’altra percezione della creatività. E’ tutto un fiorire di proposte, di manuali, di tutorial di ogni genere che confinano la manifestazione della creatività nello sviluppo di una competenza tecnica, manuale. Il bricolage come massima, se non unica, espressione di un approccio creativo alla vita. Negli ultimi quindici, venti anni si sono moltiplicati i centri commerciali dedicati al bricolage, al fai da tè, alla decorazione; Ikea è una parola d’ordine, non un invito, siamo diventati tutti arredatori, montiamo (non senza difficoltà, almeno io) i nostri mobili; e non è soltanto per una questione di risparmio. La sensazione generale, purtroppo a volte fittizia, è di essere diventati grazie a questa “autonomia” anche manuale, un po’ più padroni del nostro spazio e delle nostre scelte. In realtà se potessimo come per magia mettere tutte le case nate sotto queste insegne le une accanto alle altre, in una specie di parata, rimarremmo sbalorditi nel prendere atto di quanta poca creatività, originalità, libertà e personalità ci siamo circondati in questi ultimi anni.
Non c’è nulla di male nell’assemblare da soli i propri arredi, nell’imparare a comporre quadri a punto croce o nel decorare la nostra casa di stencil o decoupage. Queste attività possono dare grande soddisfazione e gratificazione. Essere creativi può voler dire sicuramente “anche” provare piacere nel creare oggetti, comporre arredi, sperimentare nuovi accostamenti di cibi; ma non si risolve unicamente nella sola dimensione “tecnico/manuale”.
La creatività è uno stato dell’essere; è un modo di pensare, di sentire, di parlare e agire. E’ un momento di intensa vitalità in cui tutta la nostra attenzione è concentrata in un atto volontario e cosciente di creazione. Possiamo creare da zero (o ricreare) un pensiero, un gesto, una nuova abitudine, un rito, un gioco, una relazione. La creatività investe tutto il nostro quotidiano: confinarla nella professione o nel tempo libero è uno spreco incredibile di energia psichica e di talenti. La creatività, il pensiero creativo, può migliorare significativamente la qualità della nostra vita quotidiana in tutti i suoi aspetti: nella nostra relazione con il tempo e con lo spazio, nella gestione dei rapporti interpersonali, nella scelta della professione e nello studio, nella ricerca del nostro benessere psicofisico, nel gestire le nostre risorse economiche.
La creatività è una scelta di vita. Tutti possiamo portarla nella nostra vita e viverla: non servono doti rare e fuori dalla nostra portata fisica o mentale. Occorre soltanto un atto di volontà, la volontà e il desiderio di riconoscere e governare i pensieri; serve concentrazione e attenzione. Occorre sapere e sentire che grazie ad essa la nostra vita può diventare più piena, densa di significato, una continua fonte di crescita e di ispirazione per noi stessi e per chi ci sta vicino.
La creatività, scrivevo prima, è anzitutto un modo particolare di pensare, è una facoltà della mente che a cascata coinvolge il corpo, lo spirito, il cuore. I nostri pensieri (che ne siamo consapevoli o meno) danno forma alla nostra realtà, fisica ed emotiva. Per questo è importante riconoscerne la qualità e intervenire, se non producono gli esiti che desideriamo. Tutti i pensieri “creano”. Alcuni creano una realtà piacevole, altri meno. Continuamente e senza sosta, dal momento in cui ci alziamo a quello in cui ci addormentiamo, creiamo la nostra realtà sulla base della qualità dei nostri pensieri. La cosa bella – o brutta, a seconda dei punti di vista e dei casi – è che siamo totalmente e inevitabilmente “responsabili” di quello che pensiamo. Esattamente come di quello che mangiamo, facciamo, leggiamo.
Se il primo pensiero che si affaccia alla mente al mattino mentre ancora ci stiamo stiracchiando fra le lenzuola è del tipo: ma chi me lo fa fare di andare al lavoro oppure che fatica stare al mondo sicuramente la mia giornata avrà un colore e un sapore diverso da chi si sveglia pensando: chissà quali sfide e opportunità mi aspettano oggi… non vedo l’ora di scoprirlo… Questi due tipi di pensieri danno vita – “creano” – due giornate diametralmente opposte.
Nel primo caso tutta l’attenzione è focalizzata sulla fatica del vivere e lavorare, non si vedranno altro che ostacoli e problemi e si colorerà di questi toni cupi anche lo stato fisico della persona, il suo modo di relazionarsi agli altri (familiari e colleghi), il rendimento sul lavoro, tutta la qualità della sua vita quotidiana. Nel secondo caso ogni singolo avvenimento della giornata viene vissuto come occasione per imparare qualcosa di più sulla realtà circostante, sugli altri e su sé stessi; ogni frammento della giornata diventa un pretesto per aumentare le proprie competenze personali e sociali, spirituali o manuali; una specie di palestra psichica, emotiva e mentale in cui la persona sente di espandersi sempre più, di andare ogni giorno sempre più lontano, oltre i propri limiti. Come può accadere alla vista dell’immagine sopra: una persona può concentrarsi sull’ombra cupa della roccia che circonda l’osservatore o volgere tutta l’attenzione alla luce che emerge in alto fra gli alberi.
Come hanno scritto e dimostrato i più grandi poeti, filosofi, pensatori, teologi e intellettuali di ogni tempo, la ricerca e il raggiungimento di uno stato costante di “appagamento, realizzazione e soddisfazione” nella vita (della felicità, insomma), sono molto più vincolati da atteggiamenti interiori che da condizioni esterne. Lo dimostra il fatto che nonostante il progresso tecnologico e l’aumento di benessere generale (progressi della medicina, alimentazione più varia, generi di consumo non di prima necessità a disposizione di tanti individui), le persone siano generalmente più stanche, depresse, più demotivate e sole di quanto non siano mai state nei secoli precedenti.
Uno degli esempi e insegnamenti più commoventi, indimenticabili e istruttivi ricevuti in questi anni di ricerca sui processi delle menti creative mi è giunto da Art Berg, un giovane statunitense che ha visto cambiare la sua vita da un giorno all’altro a causa di un incidente gravissimo; un incidente che l’ha portato a concludere prematuramente la sua vita passando gli ultimi anni su una sedia a rotelle. La tetraplegia conseguente all’incidente automobilistico che lo ha costretto in carrozzina all’età di 21 anni, non gli ha impedito di diventare un campione di rugby su sedia a rotelle, di sposare Miss Utah, di avere due figli, di battere il record mondiale di maratona su strada con una bici creata ad hoc dopo aver percorso circa 500 km in un tempo incredibilmente breve. Anziché maledire il destino che aveva infierito sulla sua vita, Art Berg ha passato la seconda parte della sua breve vita a parlare alla gente in ogni occasione possibile attraverso conferenze e seminari della sua conquistata capacità di gioire delle 9.900 cose che poteva ancora fare, alcune anche meglio grazie all’incidente, piuttosto che concentrarsi sulle 100 che non poteva più fare. Il miracolo creativo di questa mente? Art Berg ha concentrato tutta la sua attenzione, la sua energia psichica e mentale, sulle 9900 cose che poteva fare, alcune anche meglio di prima, e ha smesso di pensare alle altre, pochissime in proporzione. Prima dell’incidente automobilistico la sua vita era ordinaria, a detta sua inconcludente; poi è diventata straordinaria. Una delle sue frasi preferite, divenuta anche il titolo di un suo libro, è: l’impossibile richiede solo un po’ più di tempo.
Tutti noi conosciamo persone, vicine o lontane, che reagiscono a una realtà simile in modo diametralmente opposto: c’è chi si dispera e cade nel vittimismo per un nonnulla, e chi trova dentro di sé risorse insospettabili proprio nel momento delle massime prove della vita. E in questi casi i limiti esterni (soldi, lavoro, perfezione fisica, relazioni affettive) sono molto meno influenti di quanto non lo siano le risorse o i limiti interiori.
Conosciamo tutti persone serene, in pace e contente della loro vita, capaci di rendere anche il lavoro più “normale” una specie di trampolino attraverso cui dare il proprio contributo al mondo. Non c’è bisogno di essere Gandhi o un premio Nobel per la fisica per dare un contributo al mondo. Sta a noi decidere la qualità del contributo, ma nel bene e nel male è inevitabile che tocchiamo il mondo con i nostri gesti e con i nostri pensieri. C’è chi fa la differenza per milioni di persone, come Martin Luter King, e chi sfiora per caso per un attimo la vita di una persona magari salvandogliela senza neanche saperlo. Chi inquina con il proprio egoismo/egocentrismo l’ambiente familiare o quello lavorativo, senza neanche accorgersene, e chi semplicemente con un atteggiamento positivo rende più lieve con l’esempio e senza tante parole la vita di chi ha attorno.
Il nostro contributo al mondo è nel quotidiano, nelle scelte che facciamo: nel modo in cui dirigiamo i nostri sforzi, negli obiettivi che ci diamo, negli esempi che diamo ai nostri figli. Anche nel modo in cui trattiamo i nostri familiari, nelle priorità che diamo alle nostre giornate. Le persone creative danno una grande contributo al mondo – indipendentemente dal valore delle loro esperienze – e parte della loro felicità sta proprio in questa consapevolezza.
Nelle prossime “puntate” vedremo quali sono i tratti distintivi delle persone creative, come riconoscere i blocchi nel nostro flusso creativo naturale e trovare soluzioni pratiche per superarli, quali accorgimenti adottare per portare o riportare la creatività al giusto posto nelle nostre vite.